Chiunque percorra il tratto autostradale che congiunge Napoli a Pompei o, trovandosi in un punto qualsiasi del Golfo, volge lo sguardo verso il Vesuvio, nota un suggestivo colle verde sul quale spicca una chiesa bianca barocca circondata da un’imponente struttura dal color terra.
Stiamo parlando dell’antica collina di genesi vulcanica dei Camaldoli della città del corallo, Torre del Greco.
Tale collina è più comunemente conosciuta come Colle di Sant’Alfonso e nel corso della sua storia è stata risparmiata dai devastanti effetti delle eruzioni del confinante vulcano grazie alla presenza di un’ampia vallata che da questo lo separa.
Il sacro edificio che si erge sulla collina è la chiesa di San Michele Arcangelo, alla quale si accede percorrendo una verdeggiante stradina che sfocia d’innanzi ad uno dei panorami più belli di tutta l’area vesuviana.
La sua attuale denominazione è da collegarsi ai redentoristi dell’ordine di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che attualmente abitano il colle.
Dal punto di vista geologico ebbe origine probabilmente come cono parassitico del Vesuvio, ragione per la quale nell’antichità veniva identificato con termine Pandiera (in greco “tutto sacro”) in quanto lo si assisteva spesso ardere.
Un primo edificio sacro fu ospitato sul colle nel corso del Quattrocento unitamente ad un lazaretto adibito a ricovero di coloro che venivano colpiti da morbi contagiosi, mentre fu nel Seicento che il luogo avviò il suo percorso di consacrazione, secolo nel quale si insediarono i monaci Camaldolesi dell’ordine di Monte Corona.
L’ ordine fin dal loro insediamento avvio’ un’ opera di riqualificazione del luogo: furono infatti costruite le celle dei romiti, una cisterna ed un giardino per rendere più confortevole la vita monacale.
Il colle in quel tempo era meta di pellegrinaggio da parte del popolo che vi si recava tre volte l’anno, ma tanto fu sufficiente per generare una confusione che finì per minare la pace dei solitari monaci, i quali si videro costretti a mettere un freno a tali periodici flussi di fedeli posizionando una lapide come contrassegno di un limite invalicabile.
Coloro che provavano a non rispettare il divieto erano oggetto addirittura di scomunica.
Così come avvenne per buona parte degli edifici di valore storico e chiese dell’area vesuviana, anche per questo sacro luogo, il Settecento rappresentò il secolo della ricostruzione: nel 1714, infatti fu edificato il corpo unito di fabbrica con biblioteca, refettorio ed infermeria. Pochi anni dopo venne posizionata la statua marmorea di San Michele Arcangelo in sostituzione di quella lignea precedente.
Ma la principale innovazione fu costituita dall’abbattimento nel 1741 della vecchia chiesa che lasciò spazio a quella che con le sue forme barocche tuttora si può visitare in tutto il suo splendore sulla sommità del colle, con i suoi marmi variopinti, le sue due facciate ed il campanile
Durante il dominio francese del Regno di Napoli, periodo nel quale furono soppressi gli ordini monastici, i monaci furono costretti ad abbandonare il colle per farvi poi ritorno nel 1826 riconvertendo il luogo in centro di formazione per chierici. Tuttavia dopo pochi decenni, con l’entrata in vigore delle leggi del neonato stato unitario, i camaldolesi furono costretti definitivamente a lasciare il colle la cui proprietà finì così nelle mani di privati.
Ad ogni modo al termine della seconda guerra mondiale, durante la quale il luogo venne utilizzato come base tedesca per l’avvistamento degli aerei nemici, la proprietà entrò nuovamente nella disponibilità di un ordine monastico, i padri redentoristi di Sant’Alfonso, da cui deriva come detto l’attuale nome del colle.
Da quel momento il sacro luogo riacquistò la quiete ed il senso di pace che in passato lo avevano contraddistinto.
L’interno della chiesa costituisce un vero e proprio scrigno di opere da scoprire, in particolare copiosa è la presenza di quadri per lo più antichi e in parte risalenti al novecento. La maggior parte di essi raffigurano santi: sull’altare di marmo è raffigurato San Michele, nelle cappelle laterali troviamo San Carlo, San Gennaro e i Santi apostoli Pietro e Paolo, Sant’Alfonso, San Giuseppe e San Gerardo Maiella ed ancora la morte di San Romoualdo, la Madonna del Perpetuo Soccorso, e, collocata nella cappella del Capitolo, la Vergine Addolorata.
Ad oggi il Colle Sant’Alfonso costituisce uno dei maggiori centri di “turismo religioso” e richiamo per i pellegrini alla ricerca di spiritualità nonché’ luogo scelto da molte coppie come cornice per unirsi nel sacro vincolo del matrimonio.
Un pensiero su “Colle di Sant’Alfonso, un simbolo naturale per l’area vesuviana”
Negli anni 70 era un posto dove si festeggiavano eventi.
Adesso non so se e ancora cosí