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George Rodger, il fotografo dell’eruzione 1944

Nel marzo 1944 il secondo conflitto mondiale è alle battute finali. Le truppe alleate stanno portando avanti in modo massiccio l’operazione di liberazione dell’Italia dal giogo nazi-fascista. Il 18 marzo il Vesuvio erutta in quella che sarà l’ultima grande eruzione, la conclusione di un ciclo di attività cominciato nel 1913. Un’eruzione che passerà alla storia anche per la curiosità scaturita nelle truppe Usa che si trovarono ad assistere ad un fenomeno spettacolare e del tutto nuovo ai loro occhi e soprattutto per le numerose testimonianze filmate e fotografate che, proprio grazie alla presenza degli alleati con i loro strumenti all’avanguardia, ci hanno mostrano il potente spettacolo.
La lava che lenta ed inesorabile, distrugge gli edifici nel vesuviano e lo spettacolo delle colate magmatiche che discendono il dorso del Vesuvio viste da Napoli, in quel frangente risparmiata dalla nube vulcanica grazie ai venti favorevoli.

Le immagini dei B25, i formidabili velivoli incursori statunitensi, che sorvolano il Vesuvio nel pieno della sua esplosione di fiamme e l’enorme colonna di fumo e cenere, sono tra i documenti più importanti nella storia delle eruzioni vesuviane. La nube di fumo e ceneri si spinge sempre più in alto e inibisce molti dei velivoli americani di stanza nell’aeroporto militare provvisorio attrezzato tra Terzigno e Poggiomarino e danneggiati, non possono proseguire le ricognizioni ed i raid.

Il racconto fotografico di Francis E. Hudlow, fotografo ufficiale del 57° Fighter Group, di Albert Theodore Ostberg, di Eddie Little e Byron F. Quivey, documenta i gravi danneggiamenti subiti da più di 70 aerei B25 e queste testimonianza sono oggi conservate negli Archivi Nazionali di Washington. Intanto, gli operatori dell’unità speciale addetta alle riprese integrali delle operazioni durante il conflitto per il documentario Combat Film riprendono, per la prima volta nella storia dell’eruzione, con strumenti d’avanguardia tecnologica, l’inesorabile incedere della lava vesuviana e la sua carica distruttiva lungo il tessuto urbano di gran parte dell’area alle falde del Vesuvio.

Oltre agli operatori militari statunitensi, arrivano anche diversi fotografi spinti dalla curiosità di immortalare l’evento.

Tra questi, giunge nell’area vesuviana, il celebre fotografo inglese George Rodger che, per la rivista “Life”, immortala l’eruzione con scatti incredibili, destinati a rimanere nella storia.

George Rodger, che nel 1947 sarà tra i fondatori dell’agenzia Magnum Photos insieme all’amico Robert Capa, ad Henri Cartier-Bresson, a David Seymour e William Vandivert, aveva cominciato la sua carriera di fotografo al servizio della BBC. Successivamente cominciò a collaborare con la rivista Life in qualità di fotoreporter da luoghi di guerra. In particolare durante il secondo conflitto mondiale documentò la liberazione di Francia, Belgio e Paesi Bassi. Dopo la guerra e turbato dalle brutture di aberrazioni come i campi di concentramento nazisti, scelse di viaggiare soprattutto in Africa per realizzare servizi naturalistici, gran parte dei quali saranno pubblicati da National Geographic e da altre importanti riviste.

L’eruzione del 1944 è per lui l’occasione per documentare, con scatti intensi e attraverso un punto di vista personalissimo, un evento di enorme portata a livello naturalistico e sociale. Uno di questi scatti, in particolare, diviene celebre ed ancora oggi è forse quello più rappresentativo del lavoro di Rodger alle falde del Vesuvio ed è quello in cui si vedono alcuni soldati Usa abbrustolire il pane proprio sul vulcano, presso la cosiddetta Valle dell’Inferno, durante l’attività eruttiva. Le sue foto girano e sconvolgono il mondo, attonito di fronte ad un evento a tal punto spettacolare e tragico.

George Rodger

Il fotografo britannico riesce a cogliere con le sue istantanee, gli stati d’animo dei soldati americani, in bilico tra l’euforia per un evento tanto unico quanto drammatico e la curiosità di tipo “turistico” che in essi si fa largo spontaneamente. L’eruzione del Vesuvio, diventa una sorta di diversivo rispetto ad un conflitto ancora vivo e che offre ai militari una “distrazione” inaspettata. Gli stessi militari americani risulteranno preziosi con il loro supporto alla popolazione vesuviana dei paesi colpiti, in particolar modo Terzigno, Pompei, Poggiomarino, San Sebastiano, Massa, Cercola oltre che paesi extra vesuviani come Scafati, Angri, Nocera e Cava de Tirreni, che in pochissimi giorni, si ritrovò in condizioni di estrema difficoltà. Proprio l’apparato organizzativo delle truppe Usa fornì ingenti aiuti alla popolazione aumentando la propria popolarità.

Un passaggio del libro uscito nel 1978 “Naples ‘44”, scritto dall’ufficiale dell’Intelligence Service del Regno Unito Norman Lewis, offre una descrizione che ben raffigura quei momenti testimoniati dalle foto di George Rodger. In particolare, Lewis descrive puntualmente l’avanzata della colata lavica nella zona di San Sebastiano:
“La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all’ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall’edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L’intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch’esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch’esso crollò”.
Un passaggio che sembra mettere nero su bianco quello che l’arte fotografica di George Rodger aveva restituito agli spettatori in tutta la sua drammaticità.

Un pensiero su “George Rodger, il fotografo dell’eruzione 1944

  1. Consiglio di aprire questo link e non andare a ricercare prima le immagini ma di farsi trasportare dalla lettura dell’articolo, il quale è stato scritto veramente in modo spettacolare, accompagna il lettore alla fotografia successiva. Le foto sono veramente incredibili e fanno capire come un evento cosi drammatico possa essere anche una delle cose più belle da vedere. Inoltre le parole riportate nel virgolettato trasportano il lettore in quel tempo e fanno vivere quell’esperienza! Complimenti

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