EDITORIANEWSRUBRICHE

Le ville romane di Terzigno. Tesori e bellezze.

terzigno libro

Questo libro è sì un viaggio a ritroso nel tempo ma anche visione che schiude nuovi scenari”

Ci piace aprire con  questa frase tratta dall’introduzione del volume, la nostra conversazione con il Critico Storico dell’Arte Davide Auricchio. Un’intervista che punta ad accendere un faro su quest’area del vesuviano ricca di tesori ancora da mostrare al mondo.  

Raccontaci di questo sito e di come nasce l’idea del volume? 

Come narrato nel volume, la scoperta delle Ville Romane di Terzigno risale al 1981: “Durante la normale attività estrattiva della pietra lavica, in una delle più antiche cave di Terzigno, Cava Ranieri, situata in località Boccia al Mauro, la storia dell’area si arricchiva di nuove preziose informazioni: un’altra villa rustica veniva alla luce.”  Il primo ritrovamento, denominato Villa 1, avvenne a seguito di segnalazioni riguardanti rinvenimenti fortuiti di tegole e doli. La Soprintendenza Archeologica di Pompei predispose immediatamente delle indagini archeologiche in loco, all’epoca sotto la direzione della dott.ssa Elena Minotti. Dal 1981 le campagne di scava si susseguiranno quasi ininterrottamente fino al 2011, sotto la nuova direzione della dott.ssa Caterina Cicirelli, regalando nuove quanto inaspettate sorprese, portando alla luce tra l’altro, l’intero quartiere termale della Villa 6, sempre relativamente alle ville romane di Terzigno.

Segnatamente alle nuove scoperte voglio sottolineare che il volume “Le Ville romane di Terzigno – Tesori e bellezze” custodisce anche l’avvincente racconto della scoperta del tesoro della Villa 2, una testimonianza autentica che ci restituisce immediatamente l’emozione del momento vissuta dalla protagonista, Maria Oliva, a quel tempo disegnatrice della Soprintendenza Archeologica di Pompei.   

Ma oltre ai monili d’oro e ai pregiati manufatti in argento il sito ha restituito anche splendidi affreschi, alcuni addirittura paragonabili alle megalografie della notissima Villa dei Misteri di Pompei, e alcuni mosaici di straordinaria manifattura. Tanto per capire di cosa stiamo parlando voglio soltanto dire che la Villa 6 di Terzigno, con la sua vasta planimetria di circa tremila metri quadri, corrispondeva né più né meno all’estensione di un’intera insula pompeiana. 

Ville Romane di Terzigno

Per quanto riguarda l’idea del volume è anche questa un’altra storia avvincente e come tale ricca di emozioni e piccoli colpi di scena. Quando l’architetto Angelo Massa venne a propormi l’idea di scrivere insieme un libro di archeologia sul territorio di Terzigno la prima reazione fu decisamente  di sorpresa ma subito dopo prese il sopravvento l’entusiasmo e la voglia di fare qualcosa per i nostri luoghi di origine Luoghi, soprattutto negli ultimi anni, colpiti da svariati flagelli: dall’abusivismo edilizio all’abbandono dei fondi rustici, dalle conseguenze nefaste dell’emergenza rifiuti in Campania, penso al prezzo che ha pagato in termine di qualità della vita Terzigno con l’apertura di Cava Sari, per non parlare dei ripetuti incendi che hanno devastato il Vesuvio fino all’anno scorso.   

Per circa una decina di anni ci siamo radunati occasionalmente sempre con lo stesso chiodo fisso: riportare alla luce l’immenso patrimonio nascosto o disperso altrove.  I più ci additavano come dei pazzi sognatori privi del benché minimo senso della realtà. Tuttavia abbiamo continuato imperterriti a sognare e a guardare ai nostri territori da una prospettiva nuova, forse anche nella maggiore consapevolezza della necessità di un disegno più ampio e organico di riqualificazione e di riscatto culturale e sociale. Intendo dire che a mio parere questo tipo di iniziative possono davvero rappresentare un volano di sviluppo importante per molti comuni della nostra area.   

Quanto è difficile il lavoro per far emergere questi tesori nascosti al grande pubblico in un’area in cui le attenzioni e le risorse sono concentrate su siti maggiori? 

Penso che da questo punto di vista il libro rappresenti uno sforzo importante proprio nella direzione di una maggiore e più accessibile opera di divulgazione scientifica. Abbiamo cercato di essere il più possibile comprensibili per arrivare a un pubblico il più vasto possibile. Il volume, in questo senso, si scosta abbastanza da certe pubblicazioni per pochi eletti specialisti del settore, piuttosto ci siamo orientati verso un taglio più discorsivo e mi sia consentito, con un pizzico di originalità che non guasta. Di qui, anche l’uso della metafora del viaggio per coinvolgere più direttamente il lettore, un viaggio sì nella storia ma anche viaggio sentimentale alla ricerca del Genius loci, attraverso antiche testimonianze e suggestioni, a partire dalle quali provare a riscrivere il presente e magari, si spera davvero, a progettare un futuro migliore.  

Naturalmente tutto ciò assume un significato ulteriore se pensiamo a i nostri territori, per toppo tempo  abbandonati e fino ad oggi sostanzialmente esclusi o ai margini malgrado le notevoli potenzialità. Comunque, permettetemi di dire che, seppur lentamente, qualche timido segnale di cambiamento si comincia a intravedere anche dalle nostre parti. Questo volume, paradigmaticamente ne vuole essere una piccola testimonianza e spero che abbia la fortuna di stimolare e coinvolgere sempre più persone perché solo in questo modo le cose potranno davvero cambiare. 

A mio avviso, più il progetto riuscirà a coinvolgere la base più sarà possibile attuare un cambio di rotta e dunque avviare una vera e non presunta inversione di tendenza rispetto alle solite vecchie logiche spartitorie da prima repubblica. Fino ad oggi, a parte piccoli interessi personali e qualche miserrima rendita di posizione, direi che questo modus operandi non abbia prodotto molto in termini di crescita e di ricadute sociali importanti.  

Come ha scritto significativamente l’archeologo Mario Cesarano nella prefazione al volume: “La ricchezza ha valore soltanto se produce altra ricchezza, se produce crescita per chi la possiede, ma se è soltanto oggetto di accumulo, di mera tesaurizzazione senza che sia messa a frutto, alloro essa è totalmente inutile, asservita esclusivamente al vanto del suo possessore e alla sua sterile soddisfazione personale.” 

Cosa potrebbero fare e cosa fanno le istituzioni preposte e cosa potrebbe fare e fa la comunità locale per avviare un concreto rilancio del sitio? 

Più che di rilancio si tratta di riportare alla luce e rendere finalmente fruibile un sito che al momento non è, per così dire, invisibile. Ad oggi, salvo qualche eccezione, le Ville Romane di Terzigno sono completamente interrate anche in ragione di preoccupazioni legate alla loro stessa conservazione e tutela. Voglio inoltre ricordare che il sito attualmente insiste su una proprietà privata e dunque bisogna che ci sia prima l’acquisizione pubblica, senza la quale l’accesso al sito non sarebbe garantito. Stando alle voci che circolano, pare che il Comune di Terzigno in collaborazione con l’Ente Parco del Vesuvio, abbia intenzione di acquisirlo liquidando per legge i proprietari. 

Sul versante dell’impegno da parte delle istituzioni preposte, bisogna dire che ultimamente si sono registrati passi in avanti molto importanti. Innanzitutto il Comune di Terzigno è rientrato nella buffer zone e così nel Grande Progetto Pompei. Anche questa è stata una vicenda avventurosa ma preferisco non svelarne i retroscena.  

Dicevamo delle strategie messe in campo dalle istituzioni per dare finalmente vita a questo nostro grande sogno, come si legge sulla quarta di copertina del volume: “Un grande spazio aperto dove, immerse nell’incanto naturale, tra rocce vulcaniche e macchia mediterranea, le vestigia delle antiche ville romane. Sullo sfondo, Il Vesuvio svetta silenzioso, severo e generoso come un dio.” 

Ebbene, in primis è stata la Giunta Comunale guidata da Francesco Ranieri a capire l’importanza di un progetto così ambizioso e impegnativo, con l’assistenza dei tecnici del Comune di Terzigno e in particolare grazie all’impegno dell’infaticabile architetto Angelo Massa, in veste di responsabile del R.U.P. 

Poi, decisivo è stato l’appoggio concreto dell’Ente Parco del Vesuvio, nella persona del Presidente Agostino Casillo che ha creduto molto a questo progetto tanto da ritenere opportuno finanziare alcune iniziative importanti, come il volume di cui stiamo parlando in questa intervista e la mostra archeologica che ci sarà a Settembre, dove verranno esposti alcuni preziosi reperti al Mat di Terzigno, ovvero l’ex  mattatoio ristrutturato e destinato a diventare punto di riferimento culturale.  

Per quanto riguarda la mostra non so dirvi altro anche perché al momento non sono stato coinvolto e non so se lo sarò, né a quale titolo. Confesso che questo un po’ mi dispiace perché avrei voluto mettere a disposizione la mia lunga esperienza di curatore di mostre in circa vent’anni di attività in Italia e all’estero. Comunque, come si suole dire : “Chi vivrà vedrà!”. 

Ville Romane di Terzigno

La popolazione che insiste sul territorio di Terzigno e dintorni  è consapevole realmente di questo patrimonio storico e culturale? Come stimolare a tuo parere l’attenzione delle persone rispetto alla necessità di conoscere tutelare e salvaguardare questi patrimoni? 

 La scommessa di tutte le iniziative fino ad oggi intraprese va proprio in questa direzione,  stimolare con ogni mezzo la consapevolezza da parte di chi abita il territori rispetto a questo immenso patrimonio nascosto e per questo sconosciuto ai più. L’intento del volume di cui stiamo parlando è proprio questo: risvegliare un interesse e, perché no, anche l’orgoglio di appartenere a un territorio così antico e ricco di storia. Secondo me, solo riscoprendo le proprie origini  si può sperare in una rinascita.  

Penso che siamo tutti il prodotto della nostra storia, sia sul piano individuale che collettivo. Una comunità si definisce tale solo se condivide dei valori comuni, quei valori che si sono radicati nei secoli e nei millenni, come nel nostro caso.  

Solo per fare un esempio, quando mi sono occupa del paragrafo dedicato al “Ciclo del vino” mi sono davvero emozionato a riflettere sul fatto che ancora oggi continuiamo a fare il vino come duemila anni fa. Nella mia famiglia, come molte a Terzigno, si faceva un vino squisito con gli stessi processi di lavorazione degli antichi romani. Dopotutto, forse è utile ricordarlo, le ville di Terzigno avevano una vocazione squisitamente vinicola e il prodotto della sapiente lavorazione delle uve autoctone era rinomatissimo ad ogni angolo del vasto impero. 

Forse adesso è più chiaro il concetto di viaggio sentimentale di cui sopra: trovo molto affascinante viaggiare nel passato per arrivare nel cuore del presente. Intendo dire che la lezione degli antichi non è, per quanto mi riguarda, il mero repertorio dei ritrovamenti. Mi sembra davvero imprescindibile ricondurre questo bagaglio immenso di conoscenza all’attualità dei nostri giorni, alle contingenze del nostro tempo.  

Come diceva Benedetto Croce, ogni ricerca storiografica muove da una necessità immanente e dunque solo in questa prospettiva il dialogo con il passato rappresenta veramente un patrimonio e non è solo materiale, si capisce, ma qualcosa di molto più. Ecco spero che negli amministratori di oggi e in quelli che verranno, sia sempre ben presente questo concetto fondamentale. 

Oltre al volume già uscito vi sono già in cantiere delle azioni ulteriori, delle progettualità che mirano a dare continuità all’azione di valorizzazione di questi siti? 

Come ti accennavo ci sarà una mostra nella seconda metà di settembre al Mat di Terzigno, in cui verranno esposti alcuni affreschi delle ville insieme a manufatti rivenuti in situ. Di più, non saprei dirvi. 

Per quanto riguarda la nascita del Parco Archeologico e Naturalistico nella Cava Ranieri, stiamo già ad una fase di studio e di progettazione piuttosto avviata stando a quanto ci ha riferito molto puntualmente l’Arch. Pasquale Miano, responsabile della progettazione, in occasione della presentazione del Volume “Le Ville Romane di Terzigno – Tesori e Bellezze”.  

Il docente universitario ha illustrato dettagliatamente tutte le ipotesi che si stanno vagliando, in particolare quella che vedrebbe riutilizzate le strutture di archeologia industriale già presenti nella Cava Ranieri. Inoltre il sito si presenta con differenti quote di livello che offrono spunti interessanti alla progettazione. A quanto visto, c’è un lavoro di studio molto attento a sfruttare la singolare conformazione del luogo, dove possiamo vedere con i nostri occhi tutta la stratificazione accumulatasi nel corso di un arco di tempo immenso. Anche in questo caso la metafora del viaggio a ritroso nel tempo mi molto azzeccata. Vi confesso che da parte mia è stato molto emozionante ritrovarmi sul piano di calpestio risalente a prima della fatidica eruzione del 79 d.C.. 

Inoltre ho anche apprezzato molto l’atteggiamento di apertura e dialogo che l’architetto Pasquale Miano a messo in essere invitandomi a condividere alcune considerazioni proprio sul sito di cui stiamo parlando, sollecitandomi a esprimere il mio pensiero a riguardo. Cosa che ho accettato di fare immediatamente. Ma questa è un’altra storia, magari ne possiamo riparlare prossimamente. 

Siamo realmente orgogliosi di poter contribuire con l’impegno che contraddistingue il progetto wesuvio  a dare risalto all’immenso patrimonio vesuviano storico, culturale, umano. L’area di cui abbiamo parlato con Davide Auricchio merita nuove e grandi attenzioni; noi ci saremo e ne parleremo ancora. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *