MODI DI DIRE E TRADIZIONIRUBRICHE

“O muorz da crianza”…origini e significato

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Il dialetto e i modi di dire in terra vesuviana sono cosa seria! Vero e proprio codice d’accesso per entrare nei meandri della tradizione e della complessità del popolo vesuviano un modo di dire diventa, in questa parte di mondo che preserva una viscerale continuità con usi e costumi antichi, istituzione inattaccabile nella cultura popolare.

É il caso del celebre “muorz da crianza”, uno dei più caratterizzanti. Il concetto partenopeo e vesuviano di crianza assume, rispetto all’equivalente italiano creanza ovvero buona educazione, una carica ulteriore, esprimendo tutta la sacralità del comportarsi in modo assennato e con rispetto verso il prossimo.

A tavola la buona crianza è d’obbligo: uno dei modi in terra vesuviana per esprimerla è proprio l’abitudine di lasciare “o muorz da crianza” ovvero lasciare nel piatto un boccone che attesti la buona educazione personale e familiare e che dimostri che la propria condizione economica consente di concedersi questo piccolo lusso. Contestualizzare il detto all’epoca in cui è nato, epoca in cui non era scontato avere cibo in abbondanza ed in cui un certo tipo di atteggiamento da borghesia era più diffuso, aiuta a comprendere meglio le radici di tale costume.

A questo punto la domanda è: lasciarlo o no questo mitico “muorz da crianza“? Domanda lecita, ma andiamo per ordine.

Il detto trae origine dal racconto popolare del povero “solachianiello”, lo “scarparo” che, invitato a pranzo da persone benestanti divora tutto salvo lasciare l’ultimo boccone per non essere additato come affamato.

Nel tempo il detto è diventato parte di un galateo non scritto di nobili e borghesi i quali venivano educati a seguire questa usanza con lo stesso fine in fondo del povero calzolaio della storia popolare: non mostrare eccessivo attaccamento al cibo ed eccessiva fame, in più salvaguardando il nome della famiglia ed il proprio status sociale.

In tempi più recenti l’accezione di questo modo di dire è mutata: tra le generazioni nate nel secondo dopoguerra fino ad oggi chi da bambino, ma non solo, non si è almeno una volta sentito intimare da genitori o nonni di “non lasciare “o muorz da crianza“? Assistiamo quindi ad un capovolgimento del significato, figlio di tempi diversi e di esperienze popolari che mutano alla radice anche usi e costumi. Una sorta di galateo non scritto che accompagna da tantissimo tempo i vesuviani e che ormai fa parte della complessa architettura del dialetto e delle sue tante sfumature.

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