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La Scuola di Resina, una “scuola di luce” vesuviana

Domenico Morelli la ribattezzò con ironia e sarcasmo “Repubblica di Portici”, per altri è stata una “Scuola di Luce” tout court: è la Scuola di Resina, corrente artistica legata al verismo ed alla corrente dei Macchiaioli e viva tra il 1863-67 ed il 1873 alle falde del Vesuvio, nello specifico tra Resina e Portici.

Nata nell’allora Resina (oggi Ercolano) e fondata da alcuni talentuosi pittori, la Scuola ha rappresentato uno dei punti più alti e concettualmente interessanti della pittura di paesaggio nel Regno di Napoli dell’Ottocento. Assieme alla celebre Scuola di Posillipo, è stata la corrente artistica che meglio ha rappresentato il fermento teorico e pratico che in quegli anni attraversava la pittura italiana ed europea, in particolar modo sul tema della luce.

I fondatori di questo movimento furono Marco De Gregorio, Giuseppe De Nittis, Federico Rossano e Adriano Cecioni che, sulla scia delle esperienze artistiche che dominavano la scena dell’Ottocento italiano, presero a concepire una pittura che esprimesse, con la sintesi tipica della pennellata di stampo macchiaiolo, la natura dell’area alle falde del Vesuvio, eccezionalmente variegata ed impregnata di una luce straordinaria e peculiare. Una pittura in costante ricerca di spunti particolari che, molto spesso, venivano offerti dal Vesuvio stesso.

La contrapposizione con il realismo di Palizzi e lo storicismo di matrice romantica di Domenico Morelli, giganti influenti della scena artistica napoletana ed italiana in quell’epoca, costò alla Scuola di Resina, critiche eccessive e commenti ingenerosi, pur tuttavia non impedendole di assurgere a capitolo assolutamente di primo piano dell’arte italiana e vesuviana.

Scuola di Resina
Paesaggio di Avellino – De Gregorio

Tra i fondatori della Scuola di Resina, una menzione specifica, merita il De Gregorio. Unico tra i fondatori ad essere originario di Resina, proprio dal suo studio nel Palazzo Reale di Portici nacque e si sviluppò il sodalizio con De Nittis, Cecioni e Rossano. Proprio l’arrivo a Napoli di Giuseppe De Nittis, nel 1863, dopo l’espulsione per motivi disciplinari dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, può considerarsi il punto di partenza per la storia della Scuola. Cecioni invece giungerà nello stesso anno dalla Toscana. La loro avventura artistica, concepita altresì tra i tavolini dell’Antico Caffè Simonetti, alla ricerca di spunti e di una rinnovata cifra stilistica tra Vesuvio e golfo di Napoli, è splendidamente raccontata dallo stesso De Nittis, colui che resterà nel tempo il più famoso e celebrato dei quattro e che, con la definitiva sua partenza per Parigi nel 1873, segnerà il tramonto del sodalizio.

“Così ogni mattina prima dell’alba, uscivo di casa e correvo a cercare i miei compagni pittori […] Partivamo tutti insieme. Io non avevo soldi e loro erano tutt’altro che ricchi, ma ci arrangiavamo mettendo in comune i loro pochi quattrini e raramente, i miei pasti erano irregolari e molto frugali. […] Quante volte ho mangiato solo peperoni ed insalata! Che bei tempi! Con tanta libertà, tanta aria libera tante corse senza fine! E il mare, il gran cielo e i vasti orizzonti! Lontano le isole di Ischia e di Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbia rosea che a poco a poco veniva dissolta dal sole. A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché credetemi io l’atmosfera la conosco bene; e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura.”

Di queste passeggiate gli artisti della Scuola riusciranno a riportare su tela, con eccezionale resa, la luce peculiare dell’area alle falde del Vesuvio, una luce che si eleva a protagonista assoluta dei dipinti. I soggetti diventano testimonianza della sorprendente luce di questa zona e delle sue molteplici possibilità e sfumature. La concezione, dichiaratamente anti accademica nel suo rifuggire ogni filtro che impedisse all’immediatezza del gesto pittorico di esprimersi spontaneo e libero, del lavoro all’aria aperta e della centralità assoluta dell’elemento luce, conferiscono a questo movimento un’affinità di base con il movimento dei Macchiaioli di cui peraltro lo stesso Cecioni era un esponente, ed in fin dei conti con l’Impressionismo.

Scuola di Resina
Appuntamento nel bosco di Portici – De Nittis

La Scuola di Resina riesce altresì a restituire uno spaccato del tessuto rurale, sociale ed ambientale dell’area vesuviana in quel momento storico, offrendo la possibilità di una lettura sincera e realistica del territorio e dei rapporti sociali oltre che dell’ambiente: un vero e proprio quadro sociale, geografico, antropologico dell’area vesuviana frutto anche di una vicinanza intellettuale al mondo radicale ed anarchico dei fondatori del movimento, specialmente del De Gregorio.

Assieme ai fondatori vanno annoverati quali sodali del movimento altri artisti tra i quali Antonino Leto, Camillo Amato, Alfonso Simonetti, Michele Tedesco, Alcestre Campriani. Menzione a parte merita lo scultore Raffaele Belliazzi che ricoprì il ruolo di “Presidente” di questa peculiare Repubblica d’arte.

Tra le opere più significative prodotte nell’ambito della Scuola possono citarsi: Appuntamento nel Bosco di Portici (De Nittis), Nel Bosco di Portici (De Gregorio), La Favorita (De Gregorio), Paesaggio di Avellino (De Gregorio), Casale nei dintorni di Napoli (De Nittis), Campo di grano (Rossano).

Campo di Grano – Rossano

Calzanti le parole del critico Diego Martelli che definì il sodalizio della Scuola di Resina “Una camerata di radicali in arte, che nessuna autorità riconoscendo, disprezzando tutto quanto poteva procurar loro benessere, con le concessioni fatte alla moda, si deliziarono delle intime soddisfazioni che procura ai veri artisti, in comunione d’idee, la osservazione attenta della natura, il fantasticare quotidiano e continuo su tutti gli effetti e su tutte le forme dell’avvicendarsi continuo delle immagini della vita”.

2 pensieri su “La Scuola di Resina, una “scuola di luce” vesuviana

  1. Gli artisti della scuola di Resina non avevano nulla da invidiare a quelli della scuola di Posillipo grazie per il vostro articolo, Pep Pe

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